mercoledì 30 settembre 2009

TORNATORE: GLI INSULTI
DEGLI ANIMALISTI SONO
FRUTTO DELL'IGNORANZA

(28 settembre) - "Non ci aspettavamo questo successo. Sono al settimo cielo". Giuseppe Tornatore commenta i dati relativi al primo fine settimana nella sale del suo ultimo film, 'Baaria'. "Il film - ha detto Tornatore guardando i dati d'incasso (oltre 2,1 milioni al botteghino) - e' andato megio di quello che pensavamo. Anche se, nonostante tutto, continuo a sentirmi un artigiano di questo lavoro". In un incontro con la stampa a Firenze, Tornatore rivela un retroscena importante: "Cecchi Gori mi disse che c'erano troppe bandiere rosse e che non sarebbe fregato niente a nessuno di un film del genere - spiega -. E' stata l'unica volta nella mia vita che non ho avuto un riscontro da parte di un produttore". Sul rifiuto di Cecchi Gori, anni fa, di produrre un film di Tornatore, il regista arriva dopo una domanda circa la presenza 'politica' all'interno di "Baaria": "E' un film - soega il regista - che ha una linea politica che cresce progressivamente con lo scorrere delle scene. Era quello che volevo fare. Io ho un ricordo della politica come di una cosa che e' unica con i fatti privati e vengo da generazioni che credevano, da qualunque angolazione ideologica, che la politica potesse migliorare la vita dei cittadini. Un concetto - conclude Tornatore - che oggi e' stato completamente ribaltato".

L'attualita' e' protagonista della conferenza stampa. Soprattutto la polemica con gli ambientalisti per l'uccisione di un animale nel film. Tornatore per la prima volta replica. Ed e' insolitamente violento: "Mi dispiace per quello che e' accaduto. Gli animalisti hanno insultato senza sapere come siano andate le cose - commenta il regista -. E' una scena che non poteva essere evitata e sulla cui importanza soltanto io ho deciso. Eravamo in Tunisia, dove siamo rimasti sei mesi e non, dunque, per evitare la legislazione in materia. Abbiamo provato ad utilizzare effetti speciali, ma non hanno funzionato. Allora mi e' stato suggerito di cercare un mattatoio attivo che fosse adeguato. Lo abbiamo trovato e quella scena e' soltanto cio' che in quel luogo accade quattro, cinque, dieci volte al giorno. In sostanza - conclude Tornatore - abbiamo fatto un documentario camuffato da film di finzione". Altro discorso riguarda la figlia di Sergio Endrigo, Claudia, che nei giorni scorsi aveva criticato Tornatore dicendo che se lei avesse saputo della scena in cui si uccide un animale all'interno del film non avrebbe dato l'autorizzazione ad utilizzare la canzone del padre. "Se potessi tornare indietro, sapendo che le ha provocato un dispiacere, non inserirei la canzone di suo padre nel mio film - commenta Tornatore -. Mi dispiace aver avuto critiche cosi' feroci senza una richiesta di chiarimento. Se avessi la bacchetta magica e potessi, oggi, sostituire quella canzone per alleviare la sofferenza della figlia di Sergio Endrigo, lo farei".
Cinenews Sfoglia l'archivio Indietro "NEW MOON", EDWARD
E BELLA DISERTANO
ROMA FILM FESTIVAL

(28 settembre) - Delusione in vista per i moltissimi fan italiani della saga di "Twilight". Secondo notizie provenienti da Los Angeles riportate, infatti, il 22 ottobre ne' Robert Pattinson ne' Kristen Stewart saranno al Festival di Roma per presentare alcune sequenze in anteprima di "New Moon", l'atteso secondo episodio con la regia Chris Weitz della fortunata saga "Twilight" che uscira' in Italia il 18 novembre. Al posto di Edward e Bella, arriveranno i tre vampiri 'italiani' Cameron Bright, Jamie Campbell Bower and Charlie Bewley, protagonisti della parte di "New Moon" girata nel nostro Paese. Sara' a Roma anche Melissa Rosemberg, la sceneggiatrice sia di "New Moon" che di "Twilight" che assistera' alla lettura di alcune pagine del libro della Meyers. Nel frattempo Bella-Kristen Stewart ed Edward-Robert Pattinson sono gia' impegnati nelle riprese del terzo film, "The Twilight Saga: Eclipse". "New Moon" uscira' in Italia il 18 novembre, anziche' il 20 come era stato annunciato, come anche in Francia e in Spagna dove e' stata autorizzata l'uscita al mercoledi'. I tre Paesi europei anticiperanno gli Usa dove il film arrivera' in sala il 20 novembre.

lunedì 28 settembre 2009

TARANTINO, "BASTARDI SENZA GLORIA" E' IL MIO 'MACARONI COMBAT'

(21 settembre) - Un 'macaroni combat' antinazista. Cosi' Quentin Tarantino definisce "Bastardi senza gloria", il suo nuovo film in uscita in Italia il 2 ottobre in 400 copie (molte sottotitolate per far gustare la recitazione originale, davvero notevole), interpretato da Brad Pitt, Christoph Waltz, Eli Roth, Diane Kruger e Melanie Laurent. "Inizialmente volevo fare un film sul genere di quelli che i giapponesi hanno definito 'macaroni combat', un sottogenere dei film di guerra che spopolava in Italia negli anni '70 - spiega il regista, a Roma con Eli Roth e il produttore Lawrence Bender per promuovere la pellicola -. Ero spinto come sempre dalla voglia di sperimentare, di mettermi in gioco. In seguito sono subentrate altre componenti piu' profonde e il mio film ha assunto una connotazione diversa". Tarantino racconta una Seconda guerra mondiale che non e' mai esistita, di un gruppo di ebrei americani agli ordini di un sadico e divertentissimo Brad Pitt dall'aspetto mussoliniano (con tanto di mascella volitiva, faccione ed espressione soddisfatta e un po' ebete) chiamati 'bastardi senza gloria', che seminano il terrore tra i nazisti che occupano la Francia, che uccidono e descalpano le vittime; parla di un 'cacciatore di ebrei' intelligentissimo e diabolico che scova i fuggiaschi usando soprattutto l'acume e di un gruppo dirigente nazista fatto di persone grottesche e sciocche che alla fine vengono tutte uccise - con conseguente fine della dittatura nazista e della guerra - in un cinemino di Parigi. "Quando ho iniziato a scrivere la sceneggiatura non sapevo che sarei andato cosi' lontano dalla verita' storica - ammette Tarantino -. Poi, scrivendo, sono arrivato a un punto in cui la Storia va da un lato e io vado dall'altro.
In realta' sono stati gli stessi personaggi a scrivere la loro storia - aggiunge - e io li ho seguiti. Mi sono detto: i protagonisti non sanno cosa succedera' ne' che ci sono cose che non possono fare. Ed e' cosi' che sono stati proprio i personaggi a decidere il corso degli eventi". In molti hanno detto che "Inglourious Basterds" e' il film della piena maturita' di Tarantino. Ma il regista non e' d'accordo: "Non direi che si possa parlare di maturita' - spiega -. In 17 anni sono andato avanti e indietro nel mio percorso molte volte tra film considerati seri e maturi ed altri meno". Il film di Tarantino non solo rilegge la Storia, ma stravolge la figura stereotipata dell'ebreo, vittima sacrificale e inerme durante il secondo conflitto mondiale.
"In realta' volevo fare un film su un gruppo di uomini che hanno una missione - spiega - come 'Quel maledetto treno blindato' o i 'macaroni combat' italiani. Poi mi sono chiesto: chi sono questi uomini? E mi e' venuta l'idea dei Bastardi. Non ho mai visto prima un'idea del genere e mi e' sembrata fica! Gli ebrei vittime, invece, li ho visti migliaia di volte al cinema". La scelta dei suoi Bastardi e' risultata, come sempre nei suoi film, particolarmente felice. Da Brad Pitt a Christoph Waltz o Eli Roth (l'Orso ebreo che spacca la testa ai nazisti con una mazza da baseball), tutti sembrano essere pienamente a proprio agio in ruoli non semplici. "Io sono uno scrittore e creo i miei personaggi - spiega il cineasta americano - sono un po' i miei bambini e li amo perche' nascono dal nulla. Poi scelgo gli attori pensando a quelli piu' adatti a trasportarli dalla carta allo schermo. Non potrei fare le cose in modo diverso - aggiunge -. Io so tutto del personaggio perche' spesso, quando scrivo, mi trovo a raccontarne le gesta come farebbe un cronista, a seguirlo facendomi trascinare da lui. Poi, quando scelgo l'attore, pretendo che diventi il personaggio e lo faccia suo. A quel punto - conclude - chiedo, chiedo, chiedo!". Dal lontano 1994 quando esplose il fenomeno Tarantino con "Pulp fiction", il regista di Knoxville e' diventato uno dei piu' amati e apprezzati cineasti del mondo. Un successo che non conosce confini e che si spiega scavando nella cultura di Tarantino. "Sono sempre stato come un'aspirapolvere - spiega il regista - ho visto e mi sono nutrito dei film di ogni genere e nazione. Dai B-movie italiani ai film di kung fu, dai giapponesi agli asiatici. Per questo non posso essere considerato un regista americano: io faccio i film per il pianeta Terra. Se prendiamo l'esempio de 'Le iene' (film del 1992, ndr) - spiega ancora - si puo' capire cosa intendo: in Italia e' piaciuto perche' ricorda i noir italiani di Fernando Di Leo, in Francia per Melville, in Giappone per il genere 'yakuza', negli Usa perche' e' tipo 'Goodfellas'. Ho assorbito tutto il cinema mondiale - conclude - e le influenze si avvertono nei miei film, cosa che evidentemente attrae il pubblico".

lunedì 27 aprile 2009

il fiorentino

il fiorentino
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recita in dialetto fiorentino, ma forse meglio di dante, si va be, ora vedremo!

martedì 14 aprile 2009

la soir

la soir
Video inviato da lucio0002

poesie in francese

domenica 12 aprile 2009

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lingua parlata e scritta

annuncio prossima uscita del film.n 2

annuncio nuovo di prossima uscita. n 2 ok

martedì 17 marzo 2009

regista olandese morto nel 1989

Joris Ivens
Joris Ivens, le « Hollandais volant » Lorsque Joris Ivens mourut, le 28 juin 1989, j’avais écrit ceci : « Il sera temps de revoir un jour tous ses films (de les voir comme des cailloux jetés sur le chemin de l’Histoire, pour témoigner) et, comme on dit, d’en “faire le bilan”. Ce qui est sûr, c’est que jusqu’au dernier souffle, cet homme ne renonçait pas au cinéma. » (Cahiers du cinéma, juillet/août 1989). Il y a quelques mois, j’avais promis à Marceline Loridan Ivens, sa complice et son épouse, que nous organiserions cette rétrospective des films de Joris Ivens (jusqu’au 5 avril à la Cinémathèque française). Nous avons tenu parole. Il est donc temps de revenir sur une œuvre documentaire aussi dense et aussi cruciale que celle de J. Ivens. Cette œuvre cinématographique a couvert une très grande partie du XXe siècle. Et d’une certaine manière, elle a ressemblé au siècle, faite d’engagements successifs, épousant les luttes pour la décolonisation et pour l’indépendance, collant aux grandes idéologies collectives, que ce soit le communisme soviétique, le communisme à la Castro et bien sûr le communisme chinois ou maoïste. Ce n’était pas rien de filmer et d’exercer son regard dans ces périodes de grands troubles et de grandes ruptures. Joris Ivens s’y est frotté, avec passion, parfois avec aveuglement. Mais ses films demeurent comme des témoignages ou des preuves. De ce par quoi et par où sont passées quelques solides croyances du siècle dernier. Ivens est mort en 1989, il y a tout juste vingt ans. Raison de plus pour lui rendre hommage. L’homme était doux, ressemblait à un vieil indien, beau, les yeux bleus, les cheveux blancs. Il avait acquis une sorte de sagesse. A la fin de sa vie, âgé de quatre vingt dix ans, il s’est assis en Chine, quelque part dans le désert, attendant que le vent souffle. Dans un entretien qu’il nous avait accordé (j’étais avec Frédéric Sabouraud), Ivens disait ceci : « Ces dix dernières années, j’ai beaucoup repensé à mon travail antérieur, à ce à quoi j’ai cru, les utopies, les idéologies très figées ; et le vent, je crois, emporte tout ». Il voulait filmer le vent, le capturer avec sa caméra. Une histoire de vent, coréalisé avec sa complice et compagne Marceline Loridan Ivens, est un de ses plus beaux films. C’est ce même homme, calme et assagi, qui avait vécu ces luttes, ces épopées, ces moments d’engagement (et souvent d’égarement) où il n’était pas toujours évident ni possible de voir juste, de viser juste avec sa caméra. Mais la colère est encore là, prête à bondir, par exemple dans une scène très forte, comique, où on le voit négocier pied à pied avec un responsable de l’administration chinoise, cette bureaucratie intraitable et sourde, idiote, comme il en a existé dans tous les pays communiste, pour avoir juste le droit de filmer librement à l’intérieur d’un musée. Le parcours est impressionnant, car Ivens a vécu toute sa vie sur le mode de l’aventure. Quittant sa Hollande natale, il a traversé les mers et les océans, vécu dans plein de pays, entendu les nombreuses complaintes qui s’exprimaient dans toutes les langues. La sienne était celle du cinéma. Elle impliquait de témoigner, de s’engager aux côtés des faibles et des opprimés. Belgique : Borinage, coréalisé avec Henri Storck en 1933. Indonésie : Indonesia Calling, 1946. Espagne : Terre d’Espagne, 1937 (commentaire dit par Ernest Hemingway). Chine : Les 400 millions, 1938 ; Lettres de Chine, 1958. Cuba : Carnet de voyage, 1961 ; Peuple armé, 1961. Chili : Le Train de la victoire, 1964. France : Le Soulèvement de la vie, coréalisé avec Maurice Clavel, 1968. Mali : Demain à Nanguila, 1960. Etats-Unis : L’Électrification de la terre, 1939 ; Notre front russe, 1941. Italie : L’Italie n’est pas un pays pauvre, 1960. URSS : Komsomol ou le chant des héros, 1932. Vietnam : Le Ciel, la Terre, 1966 ; Loin du Vietnam, film collectif, 1967 ; puis Le 17è parallèle, 1967. Laos : Le Peuple et ses fusils, 1970. Chine encore : la série Comment Yukong déplaça les montagnes, 1971-1975, coréalisée avec Marceline Loridan. J’en oublie sûrement certains. La dimension politique de ses films est évidente. Mais l’autre dimension, plus formelle, plus poétique, l’est aussi. Études et mouvements, 1928. La Seine a rencontré Paris, 1957 (Palme d’or du court-métrage à Cannes en 1959). Pour le mistral, 1965, etc. Germaine Dulac, à propos de Joris Ivens et de deux de ses films, Le Pont (1928) et La pluie (1929), disait : « Joris Ivens, ordonnateur de toute une orchestration, m’apparaît comme l’un des musiciens visuels de l’avenir ». Il ne faut pas mésestimer l’influence très forte de l’avant-garde, essentiellement soviétique, à travers des cinéastes comme Poudovkine, Eisenstein ou Dovjenko, sur les premières œuvres d’Ivens. Il est aussi passé par là, cela l’a marqué à tout jamais. C’est cette disponibilité au monde qui me paraît la qualité essentielle de Ivens : ce sens du voyage, de l’aventure, avec les risques que cela implique. Joris Ivens fut dessaisi de son passeport au moment de Indonesia Calling en 1946, ce qui lui valut d’être privé de sa nationalité. Son refuge, c’était le monde. Grâce à l’édition DVD des films de Joris Ivens, réunis dans deux coffrets majestueux (« Joris Ivens, Cinéaste du monde ») que vient de faire paraître Arte Vidéo, on peut découvrir le tout premier film réalisé par Joris Ivens en 1911 : La Flèche ardente. Un western familial hollandais. Joris Ivens n’a que treize ans. Un film de vacances, réalisé en famille. Un jeune indien tente d’intégrer une famille, kidnappe un enfant, se fait rattraper. Burlesque amateur, très joyeux. A la fin chaque membre de la famille vient saluer le spectateur. Joris, le réalisateur, sourit à la vie. Dimanche 15 mars à 16 heures, nous aurons l’occasion de discuter du cinéma de Joris Ivens, dans le cadre d’une table ronde à la Cinémathèque. Avec Marceline Loridan Ivens, Adrienne Fréjacques (responsable des éditions DVD chez Arte Vidéo), André Stufkens, historien du cinéma, qui dirige la Fondation Européenne Joris Ivens à Nimègue (la ville natale du cinéaste), Claude Brunel, enseignante et cinéaste, et Jean-Pierre Sergent, qui a coréalisé avec Joris Ivens un film tourné au Laos, Le Peuple et ses fusils, en 1970. Je signale en passant que Marceline Loridan vient de faire paraître un beau livre de souvenirs, dont le titre est Ma vie balagan (Robert Laffont). Je vous le recommande chaudement. Ce message a été posté le 8.03.2009 à 6:57 pm et est classé dans la catégorie Cinéma. Vous pouvez suivre les réponses à ce message en vous abonnant au fil RSS 2.0. Vous pouvez répondre, ou établir un trackback depuis votre propre site. Pas de réponses à “Joris Ivens, le « Hollandais volant »” barbieri luciano a écrit : Votre message est en attente. Le 17.03.2009 à 10:39 am Joris Ivens, questo grande uomo ,regista affermato e costruttivo. ebbe la fortuna di girare il mondo, ma non per sua totale volonta,infatti gli preclusero il passaporto in indonesia.egli divenne uomo del mondo, infatti sublimava film antioppressivi,ove in quegli anni al ridosso del 1937.regnava il comunismo cinese. egli con carattere e ammirazione, continuo la sua carriera per lasciare alla storia le sue opere.come sempre noto di uomini francesi, grandi . dopo aver lasciato il proprio paese,olanda.si sono dedicati al cinema con l’ausilio della francia,sempre attenta a la cultura ed al mantenimento di essa nel mondo. be io lodo certe persone, anche perche, non trovo o almeno non ancora,di lasciare l’italia per potermi esprimere come attore,perchè qui mi sento soffocato.bene si sa che gli uomini di quella epoca avevano una forza conbattiva maggiore di questii attuali.pertanto riesco ad esternare solo ammirazione per tanta devozione.meritata a Joris Ivens e sua moglie. con attenzione, barbieri luciano Laissez une réponse